Con specifica segnalazione al Parlamento e al Governo, il Garante per la Protezione dei Dati personali ha richiesto l'intervento del legislatore in materia di videosorveglianza nei condomini.
Il Garante della Privacy ha ritenuto opportuno segnalare al Parlamento e al Governo la necessità di un intervento normativo per tutti i casi in cui non i singoli condòmini, ma il condominio nel suo complesso (al quale possono essere equiparate le amministrazioni di residence o multiproprietà) decida di installare sistemi di videosorveglianza a protezione delle parti comuni degli edifici.
Il Garante della Privacy ha ritenuto opportuno segnalare al Parlamento e al Governo la necessità di un intervento normativo per tutti i casi in cui non i singoli condòmini, ma il condominio nel suo complesso (al quale possono essere equiparate le amministrazioni di residence o multiproprietà) decida di installare sistemi di videosorveglianza a protezione delle parti comuni degli edifici.
L'interesse del Garante è evidente in quanto, come dallo stesso riconosciuto, vengono in gioco in questo campo due interessi costituzionalmente riconosciuti, tra loro contrapposti, ma ugualmente degni di tutela: la sicurezza delle persone e la tutela dei beni comuni da un lato, la libertà dei singoli e il loro diritto alla riservatezza dall'altro.
Come in ogni caso del genere, si tratta di trovare un equo bilanciamento tra tali distinte esigenze.
A tale proposito, il Garante ricorda di essere già intervenuto su tale materia in molteplici occasioni , senza mai definire, tuttavia, le condizioni di liceità di tali sistemi.
In modo particolare, nei provvedimenti risalenti non sono stati individuati i soggetti il cui consenso risulta indispensabile per rendere legittimo il trattamento dei dati acquisiti tramite la videosorveglianza, né le maggioranze richieste per l'adozione di tali sistemi.
Nella segnalazione oggi commentata si evidenzia inoltre come il codice civile, risalente al 1942, non abbia disciplinato (né ovviamente poteva farlo) l'ipotesi della videosorveglianza nei condomini sulle parti comuni, né sia chiaro, allo stato, se per l'approvazione di tali sistemi sia sufficiente il voto dei proprietari dei singoli appartamenti o se rilevi anche il voto degli inquilini conduttori.
Il Garante pone infine l'accento sul fatto che le registrazioni a mezzo di videosorveglianza potrebbero in linea teorica rientrare nell'ipotesi di reato di "interferenze illecite nella vita privata", previsto dall'art. 615 bis del codice penale, il quale punisce "chiunque mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva e sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614" (ovvero il domicilio, che, secondo la giurisprudenza, ricomprenderebbe anche le parti comuni degli edifici).
Al fine di evitare il compimento di un illecito penale, pertanto, il condominio si troverebbe nella necessità di acquisire il preventivo consenso di tutti i soggetti (spesso difficilmente identificabili), che potrebbero essere oggetto delle riprese dei sistemi installati.
La mancanza di una specifica disciplina in materia ha quindi spinto il Garante a segnalare al Parlamento e al Governo l'opportunità dell'adozione di una specifica disciplina in materia di videosorveglianza nei condomini che chiarisca, in modo particolare:
La mancanza di una specifica disciplina in materia ha quindi spinto il Garante a segnalare al Parlamento e al Governo l'opportunità dell'adozione di una specifica disciplina in materia di videosorveglianza nei condomini che chiarisca, in modo particolare:
1) quali siano i soggetti chiamati ad assumere tali deliberazioni (proprietari o anche conduttori);
2) quali siano le maggioranze richieste per tali deliberazioni o se sia invece necessaria l'unanimità.
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