giovedì 24 luglio 2008

G.U.P. di Brescia: valore giudico di una email e atto pubblico

Con sentenza emessa in data 11.03.08, qui consultabile, il Giudice per l'Udienza Preliminare del Tribunale di Brescia, nell'ambito di un procedimento penale che vedeva imputato un maresciallo dei Carabinieri che aveva inviato una email a nome di un maggiore dell'Arma per trarne profitto, ha escluso che la stessa mail, priva di certificazione o di firma digitale a crittografia asimmetrica, possa essere considerata atto pubblico.

Un Maresciallo dei Carabinieri è imputato in un procedimento penale per aver inviato, a nome di un Maggiore suo collega, una email ad una stazione di Carabinieri richiedendo, per presunte indagini di polizia giudiziaria, l'invio degli elenchi dei residenti di due comuni limitrofi nati negli anni 1987 e 1988.
Il Maresciallo viene quindi sottoposto a procedimento penale:
1) per i reati di falsità materiale ed ideologica del pubblico ufficiale in atto pubblico, per aver formato un atto pubblico falso (la mail inviata a nome del Maggiore) in cui riportava la sottoscrizione di terza persona, indicato un numero di protocollo inesistente e dichiarato falsamente che tali informazioni erano richieste per lo svolgimento di indagini in realtà inesistenti.
2) per il reato di abuso d'ufficio, perché l'acquisizione di tali notizie, che non corrispondeva ad alcuna indagine in corso, era utilizzata per far ottenere un vantaggio patrimoniale al titolare di un'autoscuola che, avuti i nominativi di tutti i ragazzi potenziali clienti, avrebbe potuto inviare agli stessi apposite informazioni pubblicitarie.
3) per il reato punito dagli artt. 9 e 11 Legge 121/81 perché, avuto accesso ai dati così acquisiti, ne faceva un uso non consentito per finalità diverse da quelle previste dall'art. 6 lett. a) della medesima legge (finalità di tutela dell'ordine, sicurezza pubblica, repressione della criminalità).
Prescindendo dalle argomentazioni con cui il G.U.P. ha ritenuto sussistente il reato di abuso di ufficio e inesistente quello di cui al numero 3) sopra indicato, interessanti risultano le conclusioni raggiunte dal Giudice circa l'inesistenza, in questo caso, del reato di falsità (ideologica e materiale) in atto pubblico.
Secondo il GUP infatti non vi può essere stata falsità in atto pubblico perché non vi è stato alcun atto pubblico falsificato.
Innanzi tutto: cosa si intende per atto pubblico?
La definizione è fornita dall'art. 2699 c.c. , il quale recita: "L'atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato".
Quindi la provenienza dell'atto da un notaio o da altro pubblico ufficiale è ciò che distingue l'atto pubblico dalla scrittura privata.
Ma in questo caso c'è la prova che l'atto provenga da un pubblico ufficiale?
Secondo il G.U.P. la risposta non può che essere negativa in quanto l'atto falsificato è costituito da una semplice email inviata dal Maresciallo, priva della certificazione di cui al D.P.R. 68/05 e di firma digitale a crittografia asimmetrica di cui al D.Lg. 82/05.
Una semplice email, osserva il Giudice, non fornisce infatti alcuna certezza circa la sua provenienza né tanto meno può dire nulla sull'identità di chi l'ha firmata, essendo sufficiente intervenire sul programma di posta elettronica per far risultare il messaggio come proveniente da un diverso mittente.
La mancanza di sottoscrizione (la mail non risulta ovviamente firmata di pugno dal suo autore) e, in ogni caso, di certezza circa la provenienza dell'atto impedisce quindi di qualificare la mail inviata come atto pubblico.
Ne consegue che non potrà dirsi sussistente il reato di falsità ideologica e materiale in atto pubblico.
In definitiva, il G.U.P. di Brescia ha escluso che possa essere attribuito il valore di atto pubblico ad una semplice email, priva di certificazione o firma digitale crittografata, in quanto non è possibile conoscere con certezza la sua provenienza da un pubblico ufficiale.


Nessun commento: